Jean-Luc Nancy dice: “Vi siete
già conosciuti come puro spirito? No. Ciò vuol dire che tanto voi che io non
accediamo a noi stessi che dal di fuori.” Accedere a se stessi dal di fuori. Cos’è
questo di fuori non specificato,
questo luogo fondamentale per la conoscenza di noi stessi? Per dove dobbiamo
passare per dire Io? La parola non detta è: corpo. Apriamo allora
le molte questioni: cos’è il corpo? che valore ha il mio corpo? ha senso
parlare del mio corpo?
Partiamo da
qui: no, non ha senso parlare del mio corpo. Il corpo è mio e me lo gestisco io è uno slogan ormai superato. Se
definisco ancora il corpo come ciò che è mio significa che io (un io che ancora non si capisce bene cosa sia) possiedo qualcosa, che è questa estensione qui, del
corpo che ho e che è fatto così. Non
possiamo più accettare questa versione comune del dualismo tra anima (questo Io
che ancora non sa dire di sé più che per negazione) e corpo (come pura materia,
accessoria al mio vero io, gestibile e malleabile).
Come allora parlare del corpo? Parlarne come esposizione.
Non solo perché esso è esposto, rivolto all’esterno, ma perché essere corpo
consiste nell’esporsi. Si è corpo in quanto si è esposti. Non si può quindi
parlare di intimità del corpo, esso non è mai raccolto in sé, concentrato. Esso
non è un punto. Esso è sempre estensione. La pelle è questa esposizione
dell’estensione. Attraverso la mia pelle io tocco. Tocco, mi tocco e sono
toccato. E mi tocco dal di fori, non mi tocco dal di dentro. Bisogna che io sia un’esteriorità per toccarmi. Non
possiedo questo fuori, sono questo fuori. E questo fuori che sono e che tocco, resta
di fuori. Questo mio toccare il corpo e i corpi è il mio modo di essere nel
mondo, del mio essere stesso, necessariamente qui. È esperienza. Esperienza è
il mio experiri, andare fuori,
uscire, attraversare.
L’anima allora, che abbiamo lasciato da parte, quell’Io non meglio identificato non è altro
che l’esperienza del corpo. Il corpo è esposizione e l’anima è l’esperienza di questa
esposizione. Esperienza del tocco. Esperienza del corpo. L’Io allora non è il soggetto interno di un corpo, l’Io è un tocco.
Tocco come rapporto. Anima è un nome per l’esperienza che il corpo è.
Consapevole di un corpo scoperto,
suscettibile e offerto al tocco, cerco per me tocchi più buoni, e di toccare
con più delicatezza.
Elena
La valorizzazione del tatto e di un toccare che sia buono, per me e per l'altro, come opportunità per riscoprire il nostro modo di porci in relazione: tenendo conto di vivere in una società che ha operato una radicale discriminazione sensoriale, basata sull'esaltazione della vista e sull'offuscamento degli altri sensi (Roland Barthes parlava di una "società dell'immagine", pur ravvisando poi alcuni elementi che porrebbero dei limiti al dominio socio-culturale dell'immagine), mi pare che una rivalutazione di questo senso possa essere un ottimo punto da cui ripartire per vivere rapporti più autentici e più pieni.
RispondiEliminaqualcuno mi ha detto che la filosofia si presta a essere presa in giro...
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=23hSNCZG7mE