Agiamo perché non possiamo non
agire. L’azione si pone in noi, ci si presenta come una necessità, un obbligo.
Siamo posti continuamente davanti a delle scelte che non possiamo ignorare.
Prendere o lasciare, in ogni caso si sceglie. Sì o no. Sì o no inevitabilmente, astenersi non è concesso. Non è
possibile evitare la difficile operazione di escludere le infinite possibilità
a favore di una. La scelta implica
necessariamente la morte, la morte, il no, a tutte le altre opzioni.
Opzioni che noi chiamiamo tali, che riteniamo possibili, solo fintanto che non
si è scelto. Poi diventano rinunce.
Il prezzo da pagare per ogni sì, è il saluto definitivo a tutti gli altri
possibili sì, a tutte le altre cose che avremmo potuto fare, a tutte le altre persone
che avremmo potuto essere, a tutti gli altri desideri che avremmo potuto
realizzare. Difficile, doloroso.
Eppure rimanere
nell’indecisione non è possibile, non è concesso. Se non scegliamo subiamo la
scelta. Non agire è sempre una scelta. Ma tra tanti possibili, cosa scelgo? Ho
bisogno di sapere cosa è meglio, indagare cosa trovo in fondo ad ogni strada. Ma
devo scegliere. Aspettare, comprendere, analizzare i fatti per rassicurarci su
ciò che è più conveniente perseguire non
può essere fatto. La scelta è
incalzante. Il tempo ci rincorre e non ci dà tregua per riflettere, urge
lanciarsi, orientarsi. La necessità della scelta non si ferma nel
pensiero, implica l’impiego di tutti noi stessi, del nostro corpo, dei
nostri atti. Non siamo mai a riposo. Niente di noi è risparmiato. Scrive il
filosofo Maurice Blondel: “La pace è una
sconfitta; l’azione, come la morte, non tollera dilazione. E’ dunque necessario
<<di buon grado>> che io metta a disposizione testa, cuore e
braccia, altrimenti mi vengono presi”. Il problema si pone, non resta che
affrontarlo. Non potendolo sfuggire, siamo
tutti portatori di una risposta a
questa fatto. Anche se inconsapevoli ciascuno è testimone. Testimone dell’umano: dell’uomo e del senso della sua vita, niente di
meno. Tutto emerge nell’azione. Gesti banali, quotidiani, meccanici,
affatto sublimi o particolarmente significativi sono sempre inevitabilmente
carichi di senso. Del nostro senso
che diamo all’umano. Anche nel bere un bicchier d’acqua. Non siamo mai
insignificanti, ce ne ricorderemo al prossimo sorso. O forse no?